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Adolfo Barberis

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IL PRETE DELLE SERVE

“...La santità, non bisogna farsi illusioni, non la si fa col pennello ma con lo scalpello...”  (Ven. Adolfo Barberis)

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Nelle intenzioni di chi l'ha inventata la definizione del titolo doveva suonare offensiva, squalificante. In realtà rappresenta alla perfezione il progetto di vita di don Barberis (centrato sul servizio) e il progetto del Famulato Cristiano, da lui elaborato, come risposta ad un fabbisogno sociale, particolarmente urgente e delicato.
 

Siamo nel 1921, la prima guerra mondiale si è conclusa ma gli effetti disastrosi del conflitto incidono ancora pesantemente sulla società italiana. Ovviamente sono soprattutto le fasce deboli - anziani, donne, bambini, giovani - a risentirne di più. Colpisce il cuore e la fantasia di don Barberis soprattutto la condizione delle ragazze madri, doppiamente vittime della violenza della guerra. A livello europeo, secondo indagini dell'epoca, esse sono per il 75% domestiche: giovani donne che, nelle famiglie al cui servizio si sono dedicate, non hanno trovato solo un lavoro miserabile, ma anche il degrado morale e la squalifica sociale. Di qui l'idea di moralizzare questa professione progettando e promuovendo un profilo professionale pregiato, tecnicamente avanzato, moralmente solido. Il che rientra nei parametri più condivisi della formazione professionale, ieri come oggi.

Troviamo l'idea di don Barberis in una lettera al can. ]acomuzzi: "la sostanza è questa: tentare un nuovo apostolato nel cuore stesso delle famiglie mediante il servizio loro prestato da una congregazione ad hoc e religiosa (è la prima versione del Famulato, ndr). Ora che molti uomini tornano dalle officine ai campi è facile che alcune figlie pensino di nuovo a servire Dio in qualche ministero speciale. Quello che offro loro è nuovo, assai libero e può anche essere proficuo mentre risponde ad una grande necessità dei tempi".
Precisa la sua idea ad un parroco: "Il mistero della Visitazione di Maria Santissima a s. Elisabetta è il primo passo del Famulato Cristiano, perché allora non solo la Madonna si è fatta serva, ma servendo ha santificato la casa servita. Alla luce di questo esempio illustre (...) ho intravveduto il bene che avrebbe fatto nelle famiglie private "un Famulato Cristiano". Esso ha "lo scopo di preparare delle figliole buone a fare del servizio privato alle famiglie cristiane un apostolato".

Si tratta di una nuova figura della carità cristiana come della professionalità umana, che don Barberis cerca di promuovere e diffondere, sui mezzi a stampa di cui dispone. Ricaviamo da un dialogo, pubblicato intorno al 1922, battute del genere: "La parola servire non è parola umiliante ma il fiore dell'amore e dell'abnegazione. C'è tanto dolore nel mondo! Ci sono tante felicità apparenti, tante lacrime nascoste ... Ebbene, nella nostra condizione, appunto perché umile e incalcolata, possiamo arrivare fin là dove non arrivano il sacerdote e la suora di carità e un'occhiata di compatimento, una sola parola, la promessa di una preghiera, fanno miracoli".

Il progetto si sviluppa a quattro mani, perché in quanto segretario dell'arcivescovo Richelmy, don Barberis glie­ne parla in continuazione. Ricorda, citandosi in terza persona, in un altro articolo del 1932: " ... a passeggio con il card. Richelmy si discorreva di problemi urgenti. Tra l'altro il discorso cadde su due gravi problemi: l'un di essi era precisamente il moltiplicarsi delle decadenze più penose fra persone di servizio. Il problema venne allora esaminato sotto vari aspetti: si passò a rassegna un certo numero di opere che fino allora s'erano occupate di servizio, il cui successo pareva di troppo inferiore ai sacrifici incontrati. La conclusione del discorso fu inopinatamente breve, poiché il Card. disse al sacerdote: -Pensaci-. Vi sono parole che valgono un programma, e sono meravigliose, ma ve n'ha di quelle che assomigliano a chiavette di linee elettriche: uno scatto e da un'intera officina si leva il canto di un lavoro immane. Quel pensaci divenne illuminazione, stimolo, indirizzo, sostegno, correttivo e finalmente approvazione".

Il progetto fa discutere. Dalle discussioni emerge il punto critico e cioè la sproporzione tra la raffinatezza del profilo umano, professionale e cristiano che Barberis propone e la povertà umana, morale, intellettuale delle ragazze cui viene rivolto. Ennesimo tentativo di trasformare la pietra scartata dai costruttori in pietra d'angolo di un nuovo edificio.

Gli inizi dell'opera sono durissimi: le prime famule entrano in conflitto con le suore cui all'inizio erano state affidate, vengono manipolate dai parenti e persino dai datori di lavoro contro l'istituzione, non capiscono il senso di quanto propone il Fondatore per farle vivere in una casa, non in un collegio, in una caserma, in una officina. Non dispongono di esperienza e di conoscenza e acquisiscono molto lentamente le conoscenze, le competenze e i comportamenti adeguati per affrontare quella che don Barberis considera una missione.

La sfida, in alcuni momenti, sembra impossibile; i diversi tentativi di modificare la struttura organizzativa non sempre danno i frutti sperati. E però il progetto procede, si chiarisce bene chi fa che cosa, si definisce il ruolo più propriamente religioso del Famulato, si approfondisce la conoscenza della famiglia e si perfeziona la proposta formativa verso le domestiche ma anche verso i componenti la famiglia stessa. Oggi è evidente come l'opera del Famulato venga incontro ad un reale fabbisogno sociale, nel quale la famiglia, la colf-badante, il Famulato fanno parte di un unico sistema: disagio della famiglia è il disagio di una società intera alla ricerca di un'anima. Alla ricerca cioè di un senso da dare al vivere assieme in un mondo che diventa sempre più piccolo e rischia di diventare sempre più feroce.

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